Strada facendo lungo il Vinitaly on tour, abbiamo incontrato Celestino Gaspari, fondatore dell’Azienda Agricola Zýmē, nel cuore della Valpolicella e abbiamo parlato con lui della sua profonda esperienza in tema di sostenibilità. Inizialmente pensavamo di tenergli un’intervista, ma il modo coinvolgente con cui Celestino esprime concetti legati alla sua passione per la ricerca di equilibrio nella terra, ha impedito di racchiudere il suo pensiero all’interno di una classica griglia di domande. Come recita il titolo del suo libro “Natura Alchemica”, la visione di sostenibilità di cui ci ha parlato è legata indissolubilmente ai ritmi della natura, ad una visione biodinamica dei processi fatta di attese necessarie, ascolto del vigneto e di pratiche di prevenzione da sostituire alla cura. La sostenibilità è un affare tanto complesso quanto urgente da applicare. Ci sono aziende come Zýmē, che del concetto di sostenibilità hanno fatto la ragione portante della filosofia aziendale, da quando di sostenibilità non si parlava nemmeno.
Il nome scelto per l’azienda è Zýmē, dal greco “lievito”, elemento imprescindibile per l’attività enologica e simbolo che richiama il naturale ritmo fermentativo sostenuto da millenni in natura. Un’immagine di costante trasformazione che è vita. In linea con questa filosofia, il logo aziendale consiste in una foglia di vite che contiene un pentagono, emblema dei cinque fattori vitali per la produzione di vino: uomo-vite-terra-sole-acqua, in perenne interazione armonica tra loro.
La parola a Celestino Gaspari, che spiega a Vinitaly come si gestisce la sostenibilità in un’azienda vinicola, per poter essere davvero definiti sostenibili.
Partire dal campo, cioè dalla campagna, è inevitabile. Ho sempre escluso di poter fare miracoli in cantina. L’esperienza in campagna è la formula vincente per evitare errori e raggiungere gli obiettivi. Noi abbiamo cominciato fin da ragazzi a respirare il lavoro nei campi all’insegna di quelle dinamiche naturali, assecondate dalle tecniche tradizionali. Con l’avanzare graduale della tecnica ho sperimentato l’innovazione proposta dall’industria chimica e biotecnologica e da queste esperienze ne ho tratto che non sempre tra la terra e le nuove tecnologie c’è una giusta sinergia. Ho assistito ad un impoverimento graduale del suolo. Per citare un esempio, il mal dell’esca è il più grande problema che, come azienda, abbiamo in vigna. È una spora, un fungo che si sviluppa all’interno del ceppo della vite e che una volta si curava spaccando la vite, arieggiando il fungo che essendo anaerobico muore, riuscendo così a salvare la vite. Oggi è previsto un trattamento chimico di derivazione francese che consiste nel dare una pennellata sulla ferita. Si pensa che con la chimica si risparmino tempo e fatica, ma la vite, come l’uomo, ha bisogno di crearsi le proprie autodifese per proteggersi e diventare forte. Se con l’andare del tempo ci si indebolisce, sarà necessario ricorrere sempre di più alla cura, con il rischio di manipolazione nociva della terra. La natura ha dato un processo metabolico perfetto che va valorizzato e non condizionato, perché quando forziamo un processo di vita che si tratti di vita umana, animale e vegetale, andiamo a ridurre i tempi fisici che servono per combinare gli elementi. Tanto più rispetti, permettendo alle cose di fare il loro corso, tanto più la natura ripaga con qualità. Bisogna però lasciare il tempo perché tutto questo si realizzi nei tempi richiesti dalla natura”.
Un approccio alla coltivazione che intende utilizzare al meglio la saggezza del passato, in sintonia con le moderne tecnologie. Solo così si sviluppa una profonda conoscenza della terra, imparandone i ritmi. Ecco la vera biodinamica. Ecco il concetto di sostenibilità secondo Gaspari. Una natura alchemica in cui si sappia gestire il processo vitale degli elementi di cui siamo a conoscenza per interagire con la natura, affinché ci porti determinati risultati, nel nome dell’eccellenza.
L’apporto concreto di Zýmē alla sostenibilità e il suo fare la differenza sul territorio.
I trattamenti sono calibrati a seconda delle stagioni. In inverno e in primavera si praticano potatura, legatura, cimatura, spollonatura. In estate e in autunno vengono fatti trattamenti, si vendemmia, le uve appassiscono, poi si passa alla pigiatura, all’affinamento e all’imbottigliamento. Inoltre, mentre il ciclo vegetativo è in fase di riposo invernale, gli addetti ai lavori di Zýmē intervengono sul terreno con la concimazione naturale attraverso sostanza organica, cercando quella più adatta, a seconda di quello di cui si nutrono gli animali. Nel caso in cui non fosse consistente e la terra necessitasse di potassio e ferro, si può intervenire potenziando con la concimazione minerale. “Non tutto ciò che proviene dalla chimica è da bandire, bisogna saperlo scegliere e utilizzare con criterio per cercare l’equilibrio della pianta perché crei le sue difese naturali, a seconda delle condizioni microclimatiche”. Quindi, nel caso di siccità, non ha senso trattare la pianta con la prevenzione contro la peronospora. “Io sono sostenibile quando assecondo le necessità della pianta, aldilà delle rese”.
Celestino Gaspari è stato uno dei primissimi sul territorio veronese, nello specifico della Val d’Illasi, a utilizzare il sesto d’impianto del Guyot, un metodo valido per le varietà internazionali. Era il 1985 e lo scopo consisteva nel ridurre la vigoria della pianta, aumentandone contemporaneamente la produttività. Con la Pergola Veronese, avrebbe costretto la linfa ad un tragitto troppo lungo. “Più è basso l’impianto, più si può utilizzare l’umidità della notte senza spreco di energie, ottenendo un prodotto di qualità”. Oggi invece, quasi quarant’anni dopo, è stati reintrodotta la Pergola. Gaspari è partito dalla consapevolezza circa la capacità adattiva della pianta ad un terreno pesante e argilloso come quello vulcanico. Il suo essere in grado di trattenere l’umidità, dà una grande spinta a livello di vigorìa, e permette alla pianta di spingere un apparato radicale molto importante, riducendo i ceppi ettaro, e sviluppando di più la parte aerea.
“Tenere il Guyot sarebbe stato come chiudere un gigante in una gabbia. O muore il gigante, o si spacca la gabbia. Siate certi che in viticoltura muore il gigante”.
Zýmē nel mondo
Vi starete chiedendo quali sono i mercati in cui il prodotto di Celestino è maggiormente apprezzato. Ecco, sappiate che dietro a questo bagaglio di sapienza contadina e di una vita all’insegna dell’ascolto della terra. Zýmē è un’azienda che difende l’identità locale, portando il proprio nome nel mondo attraverso un’attività di export che copre il 90% del lavoro commerciale. In termini di volumi, il mercato più importante è la Svizzera. A seguire, Canada, Stati Uniti, Cina, Russia, Europa e Africa.
Cosa è doveroso trasmettere al consumatore?
In una parola, l’identità. Storicamente, i vini della Valpolicella esprimono eleganza, sentori di frutta rossa come marasca, ciliegia e lampone. Se non avverto questi aromi, significa che non sto rispettando le mie varietà. Un grande vino è come la pagina di un libro: esprime chiarezza nei concetti e discorsi equilibrati. Se faccio fatica a leggere, sono state usate parole sbagliate. Se il vino è troppo muscoloso, se ho eccesso di estratto e il colore è impenetrabile, non sto producendo secondo i dettami della tipologia della Valpolicella. Ed è qui che torna, costante come sopra, il concetto di equilibrio nel nome della ricerca di un’eccellenza che si può raggiungere solo attraverso i dettami della natura.
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